La voce umana, la tecnica strumentale, la drammaturgia musicale sono i pilastri dei progetti: sia quelli futuri sia quelli che attendono una ripresa in forme più ampie.

Progetti

Fotografia di Manuela Giusto

Cenni. Quatuor pour la Saint-Sylvestre
Cenni è un quartetto d'archi della durata di circa dodici minuti. Particolarmente ambizioso dal punto di vista della tecnica, è strutturato in sette distinti movimenti quasi “sequenze” di un disegno. Nel continuum di questo disegno (per così dire “analogico”) c'è quindi una segmentazione “digitale”. Il contrasto tra questi due principi informa l'intero pezzo.
                   
Quindicidiciotto
È un dittico di due opere: Un eroe, libretto di Renata M. Molinari e La filarmonica, scritta con Sandro Cappelletto.. A cento anni dalla Grande guerra molte domande di quella storia che tanto ha contribuito a formare l'Italia rimangono inevase. I reduci furono seppelliti dalle targhe e dalla propaganda (Un eroe) a costo di sacrificare la loro personale aspirazione alla verità. Questa mistificazione è trattata ironicamente nella Filarmonica, in cui l’eco guerresca giunge in una cittadina di provincia causando inaspettate reazioni. Le opere sono state rappresentate anche separatamente e prevedono un organico cameristico (ad accompagnare tre voci) in buona parte sovrapponibile

Un'infinita primavera attendo, opera in un atto di Sandro Cappelletto in occasione del centenario della nascita di Aldo Moro.
L'opera è liberamente ispirata al pensiero e all'azione politica di Moro e raffigura l'Italia e il Presidente (così designato nel libretto) prima dei fatidici avvenimenti del marzo 1978. Nell'evitare di ritrarre i giorni della prigionia, Un'infinita primavera attendo si concentra sull'eredità di Moro: la sua fiducia nel potere del dialogo, il suo progressivo accerchiamento, lo sgretolamento della comunità in cui aveva creduto, la sua personalità e la sua fede che rimangono, tuttavia, salde. Nei suoi incontri-scontri con i diversi poteri (internazionali, religiosi, intellettuali)e con la propria coscienza, emerge la figura contraddittoria del Presidente e del nostro paese. La fabula, a distanza di quarant'anni, parla ancora di noi.

Superstiti, per due voci femminili e quattro archi (due violini, violoncello, contrabbasso), dall'omonimo ciclo di poesie di Michele Sovente.
Michele Sovente è stato uno dei più importanti poeti italiani. Le sue poesie prevedono l'uso a volte contemporaneo – e sicuramente spiazzante - di tre lingue: l'Italiano, il Latino, il dialetto flegreo. L'organico strumentale scelto per la messa in musica è il medesimo delle Sei sonate a quattro di Rossini e il progetto prevede l'esecuzione nella stessa serata di due delle Sonate (la terza e la quarta) nella loro, raramente ascoltata, veste originale; completano il concerto due péchés de vieillesse dello stesso Rossini per due voci femminili, arrangiate per l'occasione.

Donna, serva della mia casa
È un dittico di teatro musicale nato dalla forte denuncia dell'oppressione dell'uomo sulla donna. Ma, più in genere, dell'essere umano su un altro essere umano. È la narrazione di un'istanza di libertà, prima di tutto interiore. Due storie di coraggio e di sofferenza: quella di Hina Saleem, trasfigurata nell'opera di Dimitri Scarlato Fadwa; quella di Natascha Kampusch cui allude La stanza di Lena (libretto di Renata M. Molinari). In entrambi i casi alla figura femminile viene dato ampio risalto: scenico e musicale. Non (solo) vittime, ma personaggi che riempiono della loro esperienza il palcoscenico, della loro umanità gli spettatori.

Qui nella torre, opera in un atto per voce femminile, pianoforte e violoncello.
Hikikomori: così vengono chiamati gli adolescenti che, volontariamente, si chiudono in camera rifiutandosi di uscire. Il protagonista (o la protagonista?) dell'opera rinuncia alla sua corporeità ma non ad alcune pulsioni umane, prima tra tutte la violenza, la competizione spietata, l'affermazione di sé esercitata attraverso la realtà virtuale e condotta fino al limite estremo. Su questo limite si infrange la vicenda, nella luce diafana di uno schermo e nell'appello senza risposta del mondo esterno

Un impero senza un re. Storie dell'interregno.
I primi quindici anni dell'Ottocento operistico attendono ancora una narrazione complessiva che tenga conto di coordinate storiche, di singole biografie, del vastissimo palcoscenico in cui si mosse l'opera italiana. Un periodo che è stato definito sprezzantemente «di interregno»: ma il suo essere (o non essere?) “transizionale” è anche la sua forza, la sua ricchezza. In una narrazione agile e ricca di esempi, questo lavoro musicologico si propone di dare una chiave di lettura di un formidabile quindicennio, prima dell'avvento di un «re» operistico – che fu poi Rossini – e all'ombra bellicosa delle aquile napoleoniche.

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